“Camici sporchi”: la sanità italiana è uno dei principali collettori della corruzione. Lo leggiamo nel rapporto finale della Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo che, oltre a individuare i punti più critici, indica le proposte di riforma del comparto.
La deriva della spesa pubblica, con lo sgradevole rimpallo di responsabilità tra le forze politiche, è conseguente alle modifiche al Titolo V della Costituzione in materia di sanità: il trasferimento delle competenze alle Regioni ha di fatto creato tanti piccoli potentati, autonomi anche nei meccanismi di controllo.
I punti critici, seppur in parte modificati dal decreto “Balduzzi” (ormai convertito in legge), rimangono:
- la selezione e il conferimento degli incarichi dei direttori generali delle aziende sanitarie;
- i poteri e lo stato giuridico degli stessi;
- le regole di comportamento del personale;
- il sistema dei controlli;
- gli acquisti;
- i pagamenti.
Mettere mano ai meccanismi che consentono sprechi economici e inefficienze operative sarà un’impresa titanica ma andare avanti così non è più possibile. C’è da chiedersi se le Regioni, spinte da mille interessi localistici, avranno da sole la forza per rinnovarsi.
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